Partecipanti PS: Alessandro, Federico, Gianluca, Riccardo. In esterna Davide, Paolo, Aldo
Partecipanti gruppi esterni: In esterna: Giorgio (Talpe), Giorgio (CAI Lovere)
Il Templare forse apprezza i sacrifici di sangue, Tuta Bagnata no.
La prima punta dedicata alla ricerca con l’arva del terzo ingresso era iniziata con un temporale che mi aveva sorpreso mentre guidavo verso Fonteno. E con un povero scoiattolino che era rimasto sorpreso dalla mia auto dietro a una curva.
Lui finì investito e Tuta ci punì con un’uscita infruttuosa e la peggiore lavata che mi sono mai preso sotto il P50 di Fonteno Beach, che richiese 8 campari per essere assorbita.
Passata la sbronza, rimase il rimorso. Solidali, i compagni di sottosuolo decisero di mostrarmi il loro tatto intitolando un ramo “Alpino Assassino”.
Poi venne l’estate, passata a girovagare in quota per i vari campi, dalla Grigna al Marguareis. Di rientro i due giovani, Fede&Riccardo, aiutati in superficie dai genitori di quest’ultimo, individuarono grazie all’arva il punto più vicino alla superficie: un buchetto a meno di quattro metri dal meandro sottostante. Ci si sentiva benissimo con la radioline, quasi anche a voce. Non restava che scavare.
E così l’ultimo weekend di agosto fu dedicato alla mazza, al piccone e al sudore. Roccia, fango, amici, e di nuovo fango. Scavando perdemmo però il buchetto d’aria e probabilmente ci si spostammo un poco verso valle, ingannati da una frattura più grande.
Sabato 6 è la data concordata per l’assalto finale: quattro dentro e il resto fuori.
Io, Federico, Gianluca e Riccardo ci prendiamo la postazione di lavoro al buio. Quest’ultimo, con la sicurezza propria dei profeti, infila nel sacco (già pesante) anche una bottiglia di spumante. Mai con così tanta apprensione ho seguito la progressione di un mio compagno. Il giovane si fa tutti i pozzi col sacco sulle spalle per evitare urti ma, quando sopra il P65 una selce fontenica cede sotto il suo stivale, il rumore di una chiara caduta mi fa gelare il sangue. Solo le sue parole mi rianimano: «Tutto ok! Nessun odore di vino, il vetro dovrebbe essere salvo».
Sistemati un paio di passaggi e atteso Gianluca in momentanea difficoltà per l’abbondante cena della sera prima, Fede raggiunge il meandro finale, accende la radio, ma da fuori Davide risponde a voce. Siamo veramente vicini, l’arva segna 30/40cm. Per aiutare a capire la direzione, prendo il trapano e foro. Da fuori sento delle urla: la punta è uscita!
Un breve scavo, un po’ di fango smosso, e nasce Pischelli: il primo ingresso alto del complesso Bueno Fonteno-Nueva Vida.
Fuori un paio di bottiglie di vino lavano il fango. Poi, dopo aver ammorbidito il passaggio e sistemato buco e attrezzi, torniamo per la prima volta al parcheggio passeggiando al sole (e risparmiando due ore e mezza di progressione al buio).
Oltre alla comodità di avere un altro ingresso in un punto del complesso che ormai era lontano, e alla sicurezza di avere un’altra uscita che evita i rami più attivi e soggetti alle piene, questa scoperta simbolicamente (e non solo) è una bella ricompensa per i molti sforzi fatti negli ultimi tempi.
Si è arrivati qui dopo tanti lavori diversi, con molti membri del gruppo ormai affiatati e un buon numero di amici coinvolti nelle varie uscite, aggregati grazie all’entusiasmo contagioso di Gianlu. E come già detto per il traguardo dei 40km (per la cronaca ora siamo già a 42) è anche una bella occasione per far crescere la nuova generazione di speleologi, spesso più vicini ai 20 anni che ai 30. Fede&Richi hanno dimostrato una notevole abilità nel rilievo: il meandro era effettivamente nel punto da loro ipotizzato, a poca distanza dalla superficie. Oltre a quello, in questi mesi si sono alternate belle attività di disostruzione, una quantità infinita di risalite (in totale non mi stupirei se il dislivello totale superasse il chilometro), messe in sicurezza, armi etc. Un’inesauribile palestra di tecniche di grotta.
E Fonteno aiuta anche a sviluppare l’olfatto ipogeo. Pensare che, quando con Gianluca e Silvestro risalivamo il ramo Tre Sigma, il mio umore era svogliato. Stavo attaccando una piccola risalita da 10 metri vicino un minuscolo arrivo d’acqua. Credevo di essere lì a chiudere i punti di domanda giusto per scrupolo, senza grandi prospettive. Invece al di sopra si è aperto un P20, poi un P65 e infine altro mondo. Dopo anni è ancora difficile capire questa grotta e gli scherzi e le sorprese che si diverte a sottoporci. E la cosa migliore è che il gioco è tutt’altro che finito, anzi. Tempo di lavare gli attrezzi (un ingresso pulito ancora non è stato trovato…) e già si pregusta nuovo buio.
p.s. compagno scoiattolino: il tuo sacrificio non sarà dimenticato
Alessandro





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