Partecipanti PS: Alessandro, Gianluca, Riccardo, Federico, Silvia, Marco e Davide
Partecipanti gruppi esterni: Sebastiano (SCO)
Il parcheggio di Fonteno è affollato: la possibilità di far metri d’esplorazione a ogni uscita sta attirando speleo avidi d’ignoto e guai. Oggi oltre agli inossidabili Gianluca, Federico e Riccardo (talmente affiatati che Gianlu usa questi due nomi in modo alternato e casuale), ci sono Marco ormai ospite assiduo con Sebastiano, una giovane leva dello SCO, un redivivo Davide e Silvia, che torna in questa grotta finalmente senza indossare la divisa da medico del CNSAS.
Per smorzare gli entusiasmi si distribuiscono 25kg di cemento da portare al cancello di Nonostante, così da sigillare il tutto e ripristinare la circolazione d’aria precedente.
La discesa è comunque veloce. Io sperimento per la prima volta la discesa legandomi la parte alta del sottotuta in vita, così da cercare di sudare meno (ho anche la tuta nuova, ancora priva di fori d’aerazione) ma gli 8° non sono abbastanza per smorzare il calore che si genera nel rincorrere i giovinastri che corrono. Quantomeno all’arrivo non ho il pile già bagnato…
Al sifone dividiamo le squadre. Federico dichiara di discendere da provetti edili, quindi si occuperà del lavoro con la cazzuola (il risultato fa capire perché si sia dato all’ingegneria e non all’edilizia, ma comunque lo salviamo). Gianlu, Ieribus e Silvia continueranno a disostruire il percorso dell’acqua che scappa dal camino Commerciale. Il duetto dello SCO si lancia nel meandrino invitante sopra il camino della concrezione fossile, decantato da me come facilmente raggiungibile con due tasselli di traverso (vero) e assai promettete (falso: chiuderà senza speranza dopo 5 metri).
Io e Riccardo ci lanciamo nel tentativo di finire la risalita del caminone. Preparo una sosta alpinistica (in parete, ma spostata dalla potenziale caduta di sassi) e vado a recuperare la corda dal punto raggiunto da Gianlu all’ultima uscita. Come per la cengia a metà, pure nel tratto finale mi hanno lasciato la gioia di salire la parte terminale, marcia ovviamente, che qui raggiungo dopo 5 o 6 metri verticali. Il lato negativo è che qui strapiomba pure. Il lato positivo, beh, al momento non lo vedo.
Lancio imprecazioni al Templare, ma anche qualche lode al piccolo Makita e ai removibili della Petzl, che mi permettono di uscire abbastanza agilmente, risparmiare molti tasselli che torneranno utili più tardi, e nonostante un attrito bestiale della corda di sicura m’infilo nel grande meandro che sbuca in cima al camino. Fisso l’armo e poi tocca a Riccardo continuare. Ovviamente si sale ancora. Fa un saltino, poi sbuca in un lungo meandro, abbastanza largo da passare senza impigliarsi con nulla, ma con un pavimento coperto da una concrezione sottile e ormai secca, che tuona a ogni passo e crolla spesso e volentieri sotto il mio peso (sotto il suo no: maledetta gioventù leggera). Finito il meandro tonante, entriamo in un bel salone, con concrezioni e due arrivi d’acqua. Quello sul fondo è abbastanza largo da essere percorso, ma siamo ormai agli sgoccioli col materiale, dunque Riccardo scende a recuperare corda e tasselli.
Nel frattempo mi raggiunge Silvia (gli altri, terminate le prime esplorazioni, si sono diretti a una risalita bagnata appena oltre il sifone), che mi fa sicura mentre lego le staffe all’ultimo spezzone rimasto per avere abbastanza corda per arrivare almeno alla nicchia a metà parete. Nel mentre ci raggiungono Gianluca e Ricky con un po’ di rifornimenti e batterie. Continuo a salire, puntando a un diedro che se fosse stato all’aperto sarebbe risultato piacevolmente arrampicabile, mentre qui la qualità della roccia mi fa preferire l’artificiale. Scaricando il peso sui due lati riesco però a salire molto da ogni chiodo e, alternando tasselli e removibili, guadando metri velocemente, mentre Silvia probabilmente si domanda quanto sia vicina la superficie per richiedere un TSO, sentendomi vaneggiare cose come “finché c’è diedro c’è speranza” o altri motti da climber come “prendilo da diedro”. Gli altri due riescono a convincerla che non sono in un pericoloso caso di carenza di glicemia, ma smaltisco solo il mio passato da alpinista. Lei, rassicurata, si getta con notevoli doti su discorsi di genere simile ma di carattere ipogeo.
Mentre sotto si chiacchiera, raggiungo un meandrino stretto ma con un aria che sposta i moschettoni che fisso a soffitto. C’è puzza di terzo ingresso!
E ancora di diverse uscite per allargare e scoprire cosa c’attende oltre.
Alessandro
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