Partecipanti PS: Maurizio Greppi (PS/Speleo CAI Lovere), Nicola Belotti (PS)
L’obiettivo di Mercoledì 12 è di scendere a Piastre Magique e continuare lo scavo il più possibile recuperando magari qualche metro e un poco di forma fisica.
Siamo in due: Maurizio e Nicola.
Considerando il lavoro tranquillo e la distanza praticamente nulla da percorrere per arrivare sul posto, decidiamo di trovarci in tarda mattinata a Solto Collina e prendere la giornata senza fretta. Carichiamo le attrezzature sul fuoristrada, saliamo sul monte Sicolo e giungiamo alle porte della mentovata cavità che si è fatta ormai ora di pranzo. La giornata è soleggiata e le temperature sono piacevoli, peccato che il sole tramonti presto e che all’uscita non ci sarà la stessa gradevole condizione. La grotta soffia con decisione un’aria scura e umida che fa ben sperare.
Scivoliamo nei primi passaggi che si sono fatte le 12:45 e giungiamo nei pressi del punto di scavo pochi minuti dopo. Stupefacente (almeno per me che non ho mai visto questa grotta) la continuità praticamente perfetta delle strutture lungo un unico interstrato. Non ricordo infatti di aver mai visto, lungo la discesa, un’interruzione del soffitto. Questo significa che il soffitto all’ingresso della grotta (costituito dal letto di uno strato calcareo) è letteralmente lo stesso soffitto presente sui fondi, e questo, su uno sviluppo di circa 100m è veramente notevole.
Prima di iniziare a lavorare faccio un giro di ricognizione all’altro fondo per vederlo (non sono mai stato in questa grotta pertanto vale la pena darci un’occhiata). Il fondo occidentale pare chiudersi su concrezione e detrito nonostante comunque si percepisca una leggera ma decisa corrente d’aria alla sua imboccatura. Il fondo orientale (letteralmente parallelo all’altro) pare proseguire più in profondità su un ormai conosciuto laminatoio. Per proseguire in questa via è richiesto un lavoro di erosione antropica consistente del letto fangoso che però pare ripagare consistentemente.
Le condizioni di lavoro, nonostante la perenne impossibilità di stare in piedi e il continuo pericolo di scivolare lungo il piano di strato sembrano buone e il fango pare essere gentile con noi per i primi minuti di scavo. Mi infilo nel passaggio soltanto perché ci passo e voglio vedere cosa è possibile vedere oltre; ne esco però solamente più ricco di fango e non di conoscenza. Il detrito smosso dallo scavo infatti si è accumulato sul fondo impedendo la vista del passaggio (e a quel detrito prima o poi andrà trovata una migliore sistemazione), si tratta quindi ormai di una questione di fede. La morfologia intera della grotta e la presenza di una corrente d’aria veramente forte, però, suggeriscono o almeno fanno pensare ad una continuazione imminente della struttura di interstrato.
Cominciamo quindi a scavare con turni dettati puramente dal freddo della persona in attesa e nel giro di qualche ora guadagniamo almeno 3 metri di percorso ormai ben transitabile. Il fango liquefatto che ci infradicia come se ci fossimo tuffati in un lago, la corrente d’aria in aumento (col calare del sole infatti le temperature fuori stanno ormai crollando) e i dolori dati dalle posizioni da circo assunte per scavare hanno la meglio su di noi dopo quasi 7 ore di lavoro ininterrotto. 3 metri paiono magari pochi, ma in una situazione del genere non sono poi così male.
Usciamo che sono le 8:30 e siamo accolti da un freddo pungente che ci congela addosso le attrezzature fradice. Rimettiamo rapidamente la grata a posto e ci fiondiamo quindi alla macchina sotto sferzate di vento gelido lungo il crinale del monte Sicolo.
Ci cambiamo come dei fulmini e scendiamo in paese poco dopo con qualche metro in più in saccoccia e qualche briciola di allenamento recuperata.
Nicola
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