Partecipanti PS: Greppi M., Rota F.

Obiettivo: iniziare a ripulire la cavità per scopi ambientali ed esplorativi

Finalmente alla Salvarizza!!!

Uno degli ingressi “storici” più promettenti di Grone si trova in Fraz. Sant’Antonio, in Loc. Salvarizza.

L’ingresso in questione, molto conosciuto anche dai locali (è una vera e propria “laca”, evidentissima), ci venne mostrato proprio da un signore del posto addirittura nel 2009.

Mi rimase impresso per dimensioni e morfologia: in pieno interstrato, impostato su frattura, con dimensioni tali da consentire di entrare stando tranquillamente in piedi, sembra inequivocabilmente un chiaro invito alle profondità carsiche di Grone.

L’inclinazione e giacitura degli strati sub-orizzontali (come in Bueno Fonteno e Nueva Vida) autorizza a pensare ad andamenti meandreggianti.

Il posizionamento è davvero strategico: siamo sui 1.000 metri di quota, appena sotto ai Colli di San Fermo, in un’area quindi sicuramente tra le migliori per poter accedere al sistema dell’Acquasparsa.

Se non bastasse, posso aggiungere la presenza di un flusso d’aria…mai violento ma sempre presente, con comportamenteo da ingresso meteoalto.

Come mai allora non è mai stato preso di mira?

E qui arrivano le note dolenti.

L’ampio ingresso è infatti stato utilizzato, vai a sapere da chi e quando, come una vera e propria discarica a cielo aperto.

La veloce prospezione fatta in quell’occasione, rese evidente come qualsivoglia tentativo di disostruzione sul fondo o anche una semplice indagine preliminare non sarebbero stati possibili se non mettendo in conto un imponente lavoro di rimozione dei rifiuti, sulla cui natura inoltre non vi erano certezze.

Apparve chiaro che il lavoro, oltre che poco piacevole, sarebbe stato lungo e che sarebbero servite persone e una buona organizzazione.

Mancavano però le precondizioni base anche solo per pensarci: la cavità si trova all’interno di un mappale privato, di cui non conoscevamo il proprietario. Una strada sterrata conduce a meno di 100 metri ma si tratta di una strada privata…senza di essa l’avvicinamento non è proprio veloce. Infine, anche immaginando di risalire al proprietario e di ottenere l’autorizzazione, si poneva il problema dello smaltimento dei rifiuti…ok, li estraiamo dalla grotta, ma poi non è che si possono lasciare lì sul prato. Vanno gestiti, portati all’isola ecologica. Ma serve un mezzo adeguato, oltre che l’autorizzazione dell’amministrazione, non puoi pensare di portare tonnellate di roba indifferenziata in discarica così, senza dare un minimo di spiegazione…

Per tutti questi motivi, presi da mille altre priorità, la “Salvarizza” (nome toponomastico provvisorio) cadde nel dimenticatoio.

Fino a pochi mesi fa. L’insediamento ufficiale di Progetto Sebino presso la nuova sede di Grone, in convenzione con il Comune, ha posto le basi per tutta una serie di opportunità.

Tra le quali quella di valutare, finalmente, l’indagine della “Salvarizza”.

Durante un sopralluogo congiunto di alcune settimane fa con incaricati dell’amministrazione desiderosi di illustrarci alcuni presunti accessi noti da tempo, siamo passati proprio di fronte alla cavità e, ovviamente, non ho perso l’occasione di (ri)fare presente le nostre velleità esplorative illustrandone, nel contempo, le numerose criticità.

Ma, come detto, la situazione è cambiata: detto fatto, il gentilissimo Assessore Alessio Trapletti, da sempre straordinariamente sensibile alla causa di Progetto Sebino, in men che non si dica ha il nome del proprietario, che conosce anche bene personalmente; il giorno dopo ha già l’autorizzazione a procedere con l’attività di svuotamento dei rifiuti, il permesso di transito nella sua strada privata e di parcheggio presso la sua cascina a 100 metri!!!

Per lo smaltimento dei rifiuti, nessun problema: dando seguito a precedenti accordi già presi con il Sindaco, ci penserà la squadra di protezione civile!

Insomma, più di così non si poteva chiedere.

Quindi, finalmente, potrò dedicarmi al mio vecchio “pallino” della Salvarizza.

In data 03-05-2021 siamo io e Francesco Rota, ovviamente preallertato sul lavoro che ci attende.

Dopo un ritrovo con calma alle 9:30 a Solto Collina, ci dirigiamo verso Grone. Il meteo è incerto e, visto che in caso di pioggia sarebbe impensabile stare lì a rimuovere rifiuti in mezzo alla fanga, abbiamo già il classico “piano B”, ovvero di proseguire lo scavo nei pressi dell’ingresso alla grotta D12, sempre a Sant’Antonio di Grone, inziato qualche mese fa. Lì almeno saremmo all’asciutto.

Dopo uno scroscio improvviso proprio quando siamo in zona, per fortuna il tempo migliora, il cielo si rischiara e quindi decidiamo di dare seguito al nostro programma originario: Salvarizza sia!

Il lavoro si rivela subito ostico: sul fondo sono visibili rifiuti di ogni tipo ma, anche lungo il piano inclinato che vi ci conduce, si cammina letteralmente sopra uno strato di almeno 40/50 cm di rifiuti di ogni genere…saranno metri cubi di pattume. Che schifo! Difficile stimarne l’entità però: stiamo parlando di materiale vecchio, gettato lì dentro forse con una camionetta o trattore, decine di anni fa…e ormai ricoperto da un primo strato di suolo in formazione, foglie, tronchi e qualche roccia.

Sul fondo, come sempre, il flusso d’aria…invitante. Come temperatura esterna siamo sui 9/10 C° quindi in condizioni quasi di stallo.

Le dimensioni dell’ingresso sono già davvero significative ma la curiosità di vederlo svuotato da detriti e rifiuti è tanta…sembra una forra a cielo aperto, larga sui 3-4 metri nel tratto iniziale e alta…boh!

Ci diamo dentro per circa 6 ore, muniti di mascherine e passamontagna, rimuovendo davvero di tutto: lana di vetro, gommapiuma, molle di materassi, pezzi di ferro arrugginiti, lattine di alluminio, tantissime bottiglie di vetro per lo più rotte (ovviamente…), sacchi e bottiglie di plastica, scarpe, maglioni e chi più ne ha più ne metta.

Soprattutto la cosa che più ci lascia impietriti è la grande quantità di batterie al piombo (almeno una cinquantina, di quelle rotonde grosse che si usavano soprattutto una volta) completamente ossidate e concrezionate con l’acido interno, oltre a due batterie di automobile…

A pensare che tutte quelle schifezze possano aver in parte contaminato la falda acquifera sottostante viene indubbiamente un gran nervoso ma pace…siamo qui apposta, diamoci da fare, se liberiamo tutto almeno avremo limitato i danni da oggi in avanti.

L’intenzione iniziale era quella di provare a differenziare un minimo ma ci siamo resi subito conto che era di fatto impossibile.

Ci siamo dotati preventivamente di un rotolo da 20 sacchi neri di quelli resistenti: li utilizziamo tutti, anche se alla fine i sacchi pronti a terra sono in tutto “solo” 15: infatti 5 sono stati utilizzati per rinforzarne altri, questo fa intuire il peso e la difficoltà: faticaccia in uscita sul piano inclinato con in mano il saccone ricolmo di robaccia varia di cui molti cocci di vetro pronti a lacerare il sacco…spargendo schifezze ovunque…

Per fortuna non si verificano incidenti di quel tipo e, alla fine, riusciamo pure a dare un’occhiata al fondo, in cerca della prosecuzione. Rimuoviamo qualche macigno misto a rifiuti. Nel fare ciò, detriti e sassi più piccoli rotolano nei vuoti delle intercapedini sottostanti e, anzichè sentire il classico suono del sasso che tocca il fondo di fango o roccia sento “Tong!”…noooo, ci sarà una tanica!!! Mi faccio una risatina un pò sconsolata e procedo con la rimozione (dopo un pò sento che un sassolino cozza con del vetro…) ma al momento non è intuibile morfologicamente la prosecuzione. Sembra di essere nella parte sommitale di una grossa forra-meandro…poi non si capisce. Il tempo è come sempre tiranno, siamo stanchi, i sacchi sono finiti: per oggi possiamo ritenerci più che soddisfatti. E’ ora di uscire.

Uscendo ci guardiamo indietro e il colpo d’occhio non è male, possiamo dire tranquillamente che il posto ha già abbastanza cambiato aspetto. Ovviamente c’è ancora molto da fare prima di pensare seriamente all’esplorazione. Prima va, ahimè, svuotata o quasi dai rifiuti.

Non è la prima volta che mi ritrovo ad estrarre spazzatura da qualche buco ma uno schifo del genere forse non lo avevo mai visto. Da questo punto di vista, è stata un’esperienza formativa.

Ora interverrà l’amministrazione e/o la protezione civile per lo smaltimento dei sacchi presso l’isola ecologica.

Ci coordineremo anche per le prossime volte, speriamo a breve. Anche perchè a questo punto, la curiosità è tanta e il lavoro va finito.

Se poi sarà grotta seria meglio, mal che vada sarà stata un’operazione utile a livello ambientale!

Maurizio